Circe, Madeline Miller
"Non tutti gli dei devono per forza essere uguali" disse Prometeo alla giovane figlia di Elios, poco più che bambina davanti a un sole di sangue, dorato come gli occhi di lei, a cui il fato ha destinato millenni scuri come gli occhi di lui.
Glauco, Arianna, Scilla, Telemaco…sono solo alcuni dei personaggi che possiamo trovare all’interno di questo romanzo, Circe. L’omonima protagonista, fulcro delle vicende, intraprenderà un lungo processo di evoluzione e maturazione partendo da una premessa, una profezia, secondo cui lei sposerà un mortale. L’opera può essere divisa in quattro parti, le quattro fasi di Circe: infanzia, gioventù, indipendenza e maturità; durante ognuna delle fasi Circe sarà alla ricerca di risposte, affrontando quesiti come la natura dei mortali e la propria raison d’être.
All’introduzione segue la prima fase, che si muove dalla nascita di Circe a quella Eetee, suo fratello, la cui crescita farà da spartiacque con la gioventù. In questa fase la piccola Circe conoscerà il dolore - sia fisico che psicologico - e il colore del proprio sangue, rosso come quello dei mortali. La gioventù va dall’incontro con Glauco alla rivelazione sulla pharmakeia da parte di Etee, facendo di Circe, come dei suoi fratelli, una pharmakis, una maga. La magia, benché scoperta verso la fine di questa parte, viene utilizzata dalla giovane dea per tutta la fase. Infatti, lei ha la capacità di modificare la res extensa tramite la res cogitans, in questo caso rendendo possibile la metamorfosi e facendo di questa un marchio di fabbrica, dando però, il merito ai pharmaka, ovvero i fiori nati dal sangue dei numi1.
La terza fase ha inizio con l’esilio sull’isola di Eea e si conclude con l’arrivo di Odisseo. Circe, qui, ha modo di confrontarsi con la propria natura: considerata prigioniera è finalmente libera. Durante questa fase l’ormai maga si affezionerà ad alcuni mortali, come Arianna e Dedalo, per poi scoprire che l’oscurità non si cela solo nell’animo degli dei; guardando a lungo nell’abisso, lo sguardo giunse a lei e decise di dare verbo a coloro che sono predicato di morte2. Fu così che ella scoprì, in loro, quel rosso che aveva visto scorrere in lei e di cui continuerà a macchiarsi fino all’arrivo di Odisseo. La maturità, nonché fase più importante per l’evoluzione della protagonista, copre la parte restante del romanzo.
Circe dimostrerà di aver ereditato le migliori qualità da coloro che ha incontrato: l’abilità nelle trattative di suo padre, il coraggio e la resistenza di Prometeo, l’astuzia e la mente analitica di Eete e Odisseo. Ella si è finalmente lasciata alle spalle tutto ciò che l’ha fatta soffrire - ora non è più timida e sottomessa, ingenua o spietata, anche se teme di perdere ciò che ha di più caro al mondo, suo figlio, ed è pronta a proteggerlo con tutte le sue forze, anche se ciò significasse disubbidire agli Olimpi e a suo padre, manifestazioni del super io 3- ed è pronta a discendere nelle profondità degli abissi - manifestazione dell’inconscio - ove si troverà dinanzi ad un’antica divinità. Qui, Trigone la metterà alla prova, dandoci la possibilità di apprezzare la dualità libido-destrudo che non ci abbandonerà più da questo punto in avanti4.
La morte: destino dei molti, diletto dei pochi; il gemello del sonno rovescia la torcia dinanzi ai mortali soffocandone la fiamma e accendendo il dolore negli amati di coloro che hanno visto negli occhi il figlio della notte5. Tra questi, la cui sorte non è ancora giunta, vi sono anche gli immortali, ove normalmente non giunge; tra loro abbiamo la nostra Circe, la quale è consapevole che, nonostante i suoi sforzi, suo figlio un giorno morirà e che, finché potrà dirsi viva, non vorrà più veder morire i propri cari.
Verso la fine di questa storia, Circe farà uso per l’ultima volta dei pharmaka, abbandonando quel mondo divino di cui non si è mai sentita parte, decidendo, così, di passare il resto della propria vita insieme al mortale della profezia che, come lei, ha abbandonato ciò che era e avrebbe potuto essere, divenendo assieme a lei ciò vuole essere. Nessun personaggio si evolve più di Circe, dimostrandoci che Prometeo aveva ragione, e chissà se una volta diventata libera, ella non sia riuscita a capire cosa intendesse Prometeo quando in risposta alle sue domande le disse: “Magari puoi dirmelo tu. Perché un dio farebbe una cosa simile?”.
In filosofia res extensa e res cogitans sono rispettivamente lo spazio (materia compresa) e la mente. In questo caso, la giovane protagonista è convinta che i pharmaka liberino l’essenza dell’anima di chi li consuma. In realtà è la res cogitans di Circe a modificare la realtà, in quanto res extensa. ↩
Chi combatte contro i mostri deve guardarsi da non diventare egli stesso un mostro. E quando guardi a lungo in un abisso, anche l’abisso ti guarda dentro, Nietzsche F., ↩
Il super io è una sezione semi-conscia della psiche e ha la facoltà di reprimere l’Es, il desiderio. Freud afferma l’esistenza di proiezioni del super io nella figura paterna, nella società e in Dio, una sorta di autorità paterna eterna. ↩
Libido e destrudo sono due caratteristiche tipiche dell’uomo che lo spingono ad agire con istinto vitalistico, collegato alla volontà per il primo e istinto di morte che spinge alla distruzione degli altri e di sé stessi per il secondo. Eros e Thanatos. ↩
Thanatos dio della morte è fratello gemello di Hypnos - dio del sonno - e figlio di Nyx, dea della notte. ↩
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